Andiamo verso l’estate, ma questa storia comincia a Natale, precisamente a Natale del 2018. Si sa come vanno le cose: prima e durante la festa più amata ci capita di sentire un irrefrenabile desiderio di essere più buoni. Non sono rari i casi di chi partecipa a pranzi e cene con le persone senza dimora, i poveri, i cosiddetti ultimi. Poi, trascorsi l’Avvento e il giorno di Natale, sembra che lo spirito di bontà scappi, magari dando l’appuntamento per l’anno prossimo.
Qualche volta però può succedere che questo spirito di solidarietà faccia spuntare in qualcuno radici più profonde. Che l’aiutare gli altri non sia (solo) funzionale ad elevare il proprio spirito in un dato periodo, ma possa anche entrare a fare parte stabilmente della propria vita, del modo quotidiano di vedere le cose, il mondo, la giustizia.
È quello che è successo ai protagonisti di questa storia, in cui quasi per caso è stata coinvolta anche l’Assistenza Sanitaria San Fedele. Tutto nasce da un musicista, precisamente un violinista: un uomo che si è lasciato toccare dalla sofferenza di un suo fratello, bulgaro. Questo musicista ha infatti conosciuto Georgi camminando nella zona della Stazione Centrale di Milano.
Georgi se ne stava seduto su una valigia, nell’angolo di una piazza. Non diceva niente. Non chiedeva niente. Stava solo seduto sulla sua valigia. Con una gamba amputata sopra il ginocchio. Si era costruito una protesi artigianalmente, con legno, pelle e chiodi. A vederlo così sembrava un vero pirata. Il violinista si lascia toccare da quell’uomo che non dice e non chiede niente. Stabilisce un primo contatto, e quando passa di lì lo va a trovare e cerca di scambiare due parole. L’uomo, che non si lamenta mai, lascia trasparire però una smorfia di dolore ogni volta che deve percorrere qualche passo. Il musicista se ne accorge. Si preoccupa. Chiede aiuto a un padre gesuita, anch’egli musicista, che ha conosciuto al San Fedele. Il padre gesuita lo invita a contattare l’Assistenza Sanitaria.
È così che Georgi, accompagnato dal violinista, ottiene un appuntamento con il medico ortopedico volontario dell’Assistenza Sanitaria. Siamo al 20 dicembre. Il medico lo visita. Vedendo la protesi rimane esterrefatto. E rimane esterrefatto nel vedere Georgi che cammina, senza battere ciglio, sbattendo il moncherino della gamba su quella stampella rudimentale, funzionale, ma che sembra essere dolorosissima. Il medico, un chirurgo ortopedico che di interventi a gambe e ginocchia ne ha fatti e continua a farne, non aveva mai visto una cosa del genere in tutta la sua vita. Si attiva per aiutare Georgi ma sa che ci vorrà del tempo. «Siamo sotto Natale, magari una visita si riesce a fare da questi amici che fanno le protesi, però poi bisognerà aspettare»: le sue parole porrebbero suonare come una promessa che non si sa se verrà mantenuta. Ma il medico ci crede, si offre di pagare lui la protesi, tanto è colpito dallo stoicismo e dalla fierezza con cui Georgi cammina sbattendo a ogni passo il moncherino.
Il tempo passa e anche Natale se ne va. Il musicista intanto ha accompagnato Georgi a fare la visita al centro ortopedico che fa le protesi. E succede che la sensibilità del violinista, toccato dalla sofferenza di Georgi, si propaghi a macchia d’olio a tutti coloro che entrano in contatto con questa storia. E che l’Ortopedia Subema si offra di pagare la protesi, di accollarsi i costi che sono comunque di una certa portata. È passato oltre un anno. Oggi Georgi ha la sua protesi nuova di zecca. Ora sorride. E viene in mente quella battuta di Lucy in Charlie Brown, di Charles M. Schulz. Lucy allarga le braccia e dice: «A Natale siamo tutti più buoni. È il prima e il dopo che mi preoccupa!». In questo caso, il prima e il dopo sono stati anche meglio.
Tommaso De Filippo
Assistenza sanitaria San Fedele
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