Non si voleva valutare il bambino solo fisicamente, ma nella sua globalità e nella sua famiglia, nei limiti della discrezione. Per me da ospedaliera con attività specialistica ambulatoriale questo era fare un ambulatorio un poco diverso dal solito senza la fretta di avere un limite di tempo risicato, perché l’afflusso all’ambulatorio era limitato con un massimo di 6 bambini per pomeriggio.
Quante situazioni familiari difficili sono venute fuori durante la visita o nella sala gioco con le psicologhe e/o le educatrici! Spesso mi è capitato di capire, tornando a casa dall’ambulatorio, che il portare in visita il piccolo in ottime condizioni fisiche era un bisogno di sostegno e rassicurazione del genitore sulla validità dei suoi sacrifici genitoriali.
Il gruppo nel tempo si è assottigliato, sia per l’andata via delle psicologhe ed educatrici per motivi di lavoro, sia per il minore afflusso di pazientini per la minore immigrazione, che per le nuove leggi di assistenza per i senza permesso di soggiorno. Non per questo è cambiata l’impostazione dell’ambulatorio, per cui chi è rimasto continua a considerare il bambino sempre nella sua globalità.
La chiusura forzata dell’ambulatorio di San Fedele in questi mesi, causa coronavirus, mi ha obbligato a riflettere non poco sul proseguire o chiudere definitivamente la mia attività come pediatra presso l’ambulatorio di san Fedele, facendo largo ad un altro pediatra.
Da un lato ho la giusta consapevolezza di far parte di una categoria doppiamente a rischio per età e salute e la pressione negativa della mia famiglia… e dall’altro lato?
Dall’altro lato ho davanti i volti delle mamme in ambulatorio, timorose all’inizio e poi rasserenate nell’andare via, il sorriso finale dei bimbi, perplessi all’entrata (anche se non sono mancati pianti inconsolabili !!), la quasi certezza che qualche principio di educazione sanitaria è stato seminato bene, lo sperare di aver fatto percepire ai genitori e bambini di essere persone importanti per noi, senza alcun sentimento di paternalismo; un certo senso di colpa per non avere saputo e potuto fare niente per loro, gli invisibili, in questi mesi.
Vuol sapere cosa ho deciso, padre Francesco? Mi piace moltissimo l’idea di ritornare a san Fedele con il fonendoscopio al collo, ovviamente con le dovute precauzioni. Intanto cominciamo a rintracciare telefonicamente le famiglie dei nostri piccoli in attesa di poter riaprire.
Loranna Giovane